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lfd. Nr.
438
Prot. Nr.
10832
Sender
Orsenigo
Empfänger
Pacelli
Ort
Berlin
Datum
12.07.1934
Archiv
AA.EE.SS. Germania, Scatole 3, fol. 88r-94r
Betreff
La cruenta repressione del 30 Giugno 1934
Regest
„Röhm-Putsch“ – ausführlicher Bericht O.s über den Klausener-Mord und weitere (wirkliche wie mutmaßliche) Hintergründe der Mordaktion vom 30. Juni.
Dokument
1Il divieto rigoroso fatto ai giornali di Germania di riferire menomamente circa i fatti cruenti, che si sono succeduti in questa nazione dal 30 Giugno in poi, e che vengono in massima definiti “la repressione o la epurazione operata dal Governo”, rende assai difficile il controllo della verità, molto più che anche il Governo si è finora limitato a pochi comunicati iniziali, mentre la fantasia corre facilmente e i giornali esteri portano non poche notizie sgraziatamente vere almeno nella parte sostanziale, cioè la morte di diverse note personalità. Si spera che il Cancelliere nel suo discorso di domani al Reichstag1
In seiner Rede im Reichstag am 13.07.1934 stilisierte sich Hitler als „des deutschen Volkes oberster Gerichtsherr“, der aus „Staatsnotwehr“ zu den Morden des 30. Juni verpflichtet gewesen sei. Seine nebulöse Propaganda verband er mit massiven Drohungen gegen Kritiker des Regimes: der Tod sei das „sichere Los“ aller, die ihre „Hand zum Schlag gegen den Staat“ erhöben. Über den Mord an Klausener verlor er – anders als von katholischer Seite erwartet – kein Wort, ganz zu schweigen von präzisen Erklärungen über die vermeintliche „Schuld“ Klauseners; Domarus I, 1, S. 407-425. Vgl. (mit Auszügen) auch Adolph, Klausener, S. 133, sowie den Kommentar zu Cifrato No. 140 vom 04.07.1934.
vorrà precisare esattamente colpe ed errori, tranquillizzando così il popolo, che vive in una ansiosa attesa.
2Per quanto riguarda i fatti, che toccano più da vicino i cattolici credo bene riferire quanto ormai è precisato circa la scomparsa del compianto Direttore Ministeriale Klausener. Come forse Vostra Eminenza già sa, egli aveva occupato il posto di Direttore Ministeriale nel Dicastero di Prussia fino al 1932 sotto il Ministro Severing. Deposto il Ministro Severing nell’estate 1932 per opera del Gabinetto Papen, succeduto a Brüning, anche il suo posto parve meglio adatto ad altri uomini di maggior fiducia per un Gabinetto nuovo: gli fu promesso però un altro posto ministeriale, nel Ministero dei trasporti. Questa promessa fu mantenuta e realizzata più tardi, quando al Governo erano già i socialnazionalisti: Klausener si accomiatò allora dal Presidente di Prussia, S.E. Göring nel più amichevole dei modi e passò al Ministero dei Trasporti, sotto il Ministro Eltz von Rübenach, ottimo cattolico, praticante e che ha un figlio che frequenta il ginnasio del Padri Gesuiti in Berlino.
3Il Ministro apprezzava molto il lavoro coscienzioso e pieno di iniziative del suo nuovo Direttore Ministeriale e il Signor Klausener si dichiarava felice di non aver più rapporti con la politica attraverso la polizia, di cui era prima un Capo. Per quanto riguarda i rapporti fra Chiesa e Stato Klausener apparteneva a coloro, che bramavano la reciproca intesa e cercava influire presso tutti per appianare certe difficoltà ed eliminare occasioni di contrasto. Per quanto consta finora al pubblico, riesce difficile trovare nella sua condotta sia religiosa che civile un motivo di contrasto col Governo. La sua morte è ancora molto misteriosa, anzi l’opinione pubblica – anche prescindendo dalle doverose deduzioni, che sgorgano dalla sua fede cattolica – l’ha francamente ritenuta opera di altri e non suicidio. Furono per la sua anima recitate pubbliche preghiere e alle sue ceneri, per quanto in forma privatissima, secondo il desiderio del Governo, furono rese le esequie di rito. Il Governo tuttavia ha fatto leggere a tutti gli impiegati del Ministero dei Trasporti una dichiarazione “ufficiale” che “si è suicidato”; questo – pare – in base alla dichiarazione giurata data dai “due” entrati per arrestarlo. Bisogna notare a questo proposito,2
Die nachfolgenden Ausführungen O.s zum Tathergang entsprechen in den wesentlichen Zügen den Schilderungen Albert Coppenraths und Walter Adolphs, die aufgrund ihrer persönlichen wie dienstlichen Verbindung zu Klausener (Adolph war geistlicher Sekretär der Katholischen Aktion im Bistum) und ihres engen Kontakts zur Familie über unmittelbare Informationen zu den Ereignissen verfügten. Adolph verarbeitete für sein 1955 erschienenes Klausener-Buch darüber hinaus Aussagen aus den Prozessen der Nachkriegszeit gegen NS-Verbrecher, insbesondere des Verfahrens am Berliner Landgericht gegen SS-Hauptsturmführer Kurt Gildisch, den Mörder Klauseners (1951-1953). Dazu auch ausführlich der 1971 veröffentlichte Bericht des Rechtsanwalts der Familie Klausener, Werner Pünder: [Lothar Gruchmann]: Erlebnisbericht Werner Pünders über die Ermordung Klauseners am 30. Juni 1934 und ihre Folgen, in: Vierteljahrshefte für Zeitgeschichte 19 (1971), S. 404-431, hier bes. S. 404/405 und 414-416; Coppenrath, Meine Kanzelvermeldungen, S. 23-25; Adolph, Klausener, S. 106-109. – Hingegen berichtet O. nichts über die spätabendliche Versammlung am 30.06. im Berliner Ordinariat, während der der Nuntius, die Bischöfe Gröber, Berning, Bares und Generalvikar Steinmann den aktuellen Bericht Adolphs über den Verlauf der Ereignisse anhörten. O. habe den Bericht mit der Bemerkung kommentiert: „C’est soviétique“, Berning mit „Bolschewismus“ und Bares mit dem Wort: „Der Schuß auf Klausener war der Schlußpunkt unserer Konkordatsverhandlungen.“ (Adolph, Klausener, S. 116/117; vgl. auch Recker, Berning, S. 108). – O. dürfte wichtige Teile seines Berichts aus dieser Zusammenkunft sowie durch weitere Mitteilungen Coppenraths und der Familie Klausener bezogen haben. – Insgesamt zum Klausener-Mord auch Scholder, Die Kirchen und das Dritte Reich II, S. 250-254; Große Kracht, Die Stunde der Laien.
che sabato verso le ore 13 1/4 entrarono nel Ministero dei Trasporti quattro uomini, tre in abito di S.S. e uno in civile, che si crede fosse un detective della polizia politica; gli avvenimenti passati la notte a Monaco e dintorni erano ancora sconosciuti a Berlino. I quattro poliziotti si avviarono all’ufficio del Sig. Klausener, due (fra cui quello in civile) entrarono e due restarono alla porta; rintronarono dei colpi, ma finora non ho potuto precisare quanti. Il Ministro, il Segretario di Stato, altri impiegati si precipitarono verso la camera indicata dai colpi: i due entrati escono, dicono: “Si è suicidato” e partono. Gli altri due restano, armi alla mano e dicono: “Qui non può entrare nessuno”. Il Ministro telefona a un parente della vittima, e alla Curia. Arrivano dopo qualche tempo: la moglie col figlio quindicenne e col Parroco, nella speranza fosse possibile aiutarlo almeno con gli ultimi Sacramenti, arriva un fratello, un cognato, un cugino Avvocato. A nessuno fu permesso di entrare; dovettero partire sconsolati per la disgrazia e rattristati della inumana proibizione. Si dice che alle ore sei fu tolto dalla camera e trasportato a un Ospedale a disposizione dell’Autorità criminale, altri dice che fu trasportata alla Camera ove si dispongono i morti sconosciuti (Schauhaus) e dove vennero poi accumulati anche tutti gli altri. Il Ministro, che ebbe poi, alle ore sei, occasione di vederlo, disse che giaceva col capo verso la porta di uscita, col cappello caduto fra le gambe e con in mano un revolver. Appena avuto la notizia, cioè verso le cinque, ho deposto un biglietto alla famiglia; uscivano i primi supplementi con i famosi comunicati delle esecuzioni già avvenute, ma i giornali avevano già l’ordine di non stampare che i comunicati governativi, senza alcun commento. Così avvenne che a tutt’oggi – dopo 13 giorni – i giornali, (eccetto l’annuncio funebre dato dai parenti, per vero consenziente il Governo, nei due giornali “Germania” e “Märkische Volkszeitung”)3
Vgl. Bericht No. 10772 vom 06.07.1934.
, non hanno ancor detto ai propri lettori, che Klausener è morto; anzi rifiutarono persino l’annuncio funebre a pagamento, certo secondo le istruzioni. Il Governo, approvando l’annuncio funebre, ha però cancellato una frase, che ricordava il suo amore alla Famiglia, al Popolo alla Patria.4
In einigen Zeitungen erschien die Todesanzeige der Familie für Klausener auf Geheiß der Gestapo mit einem verkürzten Text: „Er wurde uns nach einem Leben der Liebe und des Opfers am 30. Juni 1934 plötzlich entrissen.“ Der Wunsch der Familie war ursprünglich gewesen: „… nach einem Leben der Liebe und des Opfers für Familie, Kirche und Vaterland …“. In dieser Form erschien die Anzeige lediglich in „Germania“ und „Kölnischer Volkszeitung“; vgl. Adolph, Klausener, S. 115 sowie die Abb. auf S. 116/117.
Sulle prime si credeva poter fare il funerale: il buon Ministro Eltz von Rübenach aveva però già avvertito, che doveva essere molto modesto, e che lui, purtroppo, non avrebbe potuto intervenire. Sulle prime Vescovo e Capitolo decisero per una funzione senza inviti, nella Cattedrale; poi venne la notizia improvvisa, che la salma era stata cremata, a insaputa dei parenti e senza che alcuno potesse vedere le ferite; già circolava la voce che presentava una ferita al capo, quasi “alla nuca”. Fu questa voce che determinò la cremazione? ... Ormai ogni controllo era impossibile, e subentrò l’altra voce, spontaneamente: “Is fecit, cui prodest.” Per evitare reprensioni l’Ordinariato decise omettere, o meglio rimettere a cose chiarite la funzione pubblica, e fu celebrata invece una raccolta funzione privata nella Cappella di Mons. Vescovo, presenti i parenti stretti, il Capitolo e il Vescovo; funzionò Mons. Steinmann. Frattanto la Famiglia chiese di avere almeno le ceneri: furono deposte in una piccola bara e sabato nel cimitero cattolico, in forma privatissima, ma presente il clero della Parrocchia che funzionò, celebrando la Messa, i parenti, il Vescovo e il Capitolo, furono sotterrate; il popolo la domenica vi andò numerosissimo.
4Frattanto io al lunedì giorno 2 ho creduto mio dovere presentarmi al Ministero degli Esteri per chiedere notizie di quanto succedeva e specialmente della morte del Sig. Klausener: il Ministro von Neurath mi disse, come già comunicai, che anche questo nome era in una lista di persone, che avevano complottato e già anzi si erano assegnati i posti per un futuro Gabinetto.5
Vgl. Cifrato No. 139, 03.07.1934. Über die hier von O. genannte Unterredung mit dem Außenminister liegt keine korrespondierende Aufzeichnung des Auswärtigen Amts in Albrecht (Bearb.), Notenwechsel III, vor.
Io mi limitai ad esprimere il mio stupore per quanto riguardava il povero Klausener, ma aggiunsi che trattandosi di politi[ca] prettamente interna, non volevo per ora ulteriori notizie in attesa dei comunicati governativi. Aggiunsi che non avrei fatto uso della comunicazione; mi pareva infatti di fare il giuoco del Governo, facendomi banditore di una notizia, che difficilmente si potrà documentare, e che urta contro l’opinione generale. Nessuno sa quindi neppure che io parlai col Governo in proposito: ciò mi costa qualche critica, ma penso che si doveva far così, per mettere il Governo immediatamente di fronte al suo popolo e alla Curia di Berlino. Più tardi venne anche un cattolico nazionalsocialista da me a dirmi, che un suo amico, cattolico nazionalsocialista, aveva visto i documenti del complotto e che aveva avuto l’impressione, che Klausener fosse davvero implicato, e aggiunse che “io pure avrei potuto vederli”. Io – senza dire della mia visita al barone von Neurath –, risposi che mi sentivo incompetente e incapace, e cercai indirizzarlo alla Famiglia e al Vescovo, aggiungendo che non solo i cattolici, ma tutto il mondo aspettava luce piena su tutto questo; ma il mio interlocutore soggiunse subito, che “molta luce non si potrà avere”, e non comparve più né presso il Vescovo, né presso la Famiglia. A conforto della Famiglia e prima di qualunque dichiarazione, che possa sollevare dubbi politici, ho anch’io privatamente, nella mia cappella, invitato a una Messa da Requiem la madre, la moglie e il figlio del povero Signor Klausener, molto più che – date le comunicazioni avute dal Ministro degli Esteri, benché segrete, avevo creduto opportuno non partecipare pubblicamente a funzioni religiose di suffragio.6
Vgl. Adolph, Klausener, S. 78: „Nach dem Tod Klauseners feierte er [Orsenigo] ein Requiem in der Nuntiatur und lud dazu die Familienangehörigen ein. Danach sagte er zu Frau Klausener: ,Er war mein Freund’.“ – Die doppelte Infamität des Vorwurfs des Hochverrates und des Selbstmordes einem staatsloyalen Beamten und praktizierenden Katholiken wie Klausener gegenüber hebt Scholder, Die Kirchen und das Dritte Reich III, S. 254, hervor.
Alla parrocchia infatti del defunto, che è pure la Parrocchia della Nunziatura, si ebbe lunedì una Messa solenne da Requiem, senza intervento però di altro clero, eccetto quello Parrocchiale.
5Per quanto riguarda la cronaca di altri fatti, ho poco da aggiungere; tutto è avvolto ancora nei “si dice”. Risulta ormai certo, che parecchi altri furono uccisi, e fra questi Gregor Strasser, già vecchio oppositore di Hitler nel nazionalsocialismo; nonché certo Willy Schmid di Monaco, ucciso per errore di nome, perché il designato era certo Wilhelm Schmitt;7
Der Münchener Musikkritiker Wilhelm (Willi) Eduard Schmid (1893-1934) fiel den Mordaktionen des sog. „Röhm-Putsches“ aufgrund einer Verwechslung mit dem Arzt und Freund Otto Strassers, Johannes Ludwig Schmitt (1896-1963), zum Opfer. O. berichtet hier hingegen von einer Verwechslung mit dem SA-Führer Wilhelm Schmid (1889-1934); diese Variante wurde auch von der älteren Forschungsliteratur hin und wieder vertreten, scheint jedoch neuerdings widerlegt zu sein; vgl., mit detaillierten Literaturhinweisen, Art. Wilhelm Eduard Schmid, in: de.wikipedia.org/wiki/Wilhelm_Eduard_Schmid (Stand: 15.03.2015).
sono pure stati trovati trucidati alcuni ebrei in diversi paesi, e si ritiene per iniziativa privata di antisemiti, al cui furore non è però estranea la propaganda, che si fa pubblicamente e officialmente da un anno e più contro il giudeo come tale.
6Il povero Ernst8
Karl Gustav Ernst (1904-1934); Führer der SA-Gruppe Berlin-Brandenburg, Reichstags-Abgeordneter seit 1932; Mitglied des Preußischen Staatsrats seit 1933. Enger Vertrauter von Ernst Röhm seit den Anfängen der S.A. Vgl. Weiß, Biographisches Lexikon zum Dritten Reich, S. 113.
, sorpreso a Brema con la moglie, mentre voleva partire per Madera, fu immediatamente portato con la moglie in aereoplano a Berlino; la moglie inviata a casa e il marito portato al tribunale di guerra; dicesi che protestò la sua innocenza fino all’ultimo, e chiese di esser almeno ucciso con gli onori militari. Non gli fu concesso. Alla sera la povera moglie udì al radio la notizia, che suo marito era stato fucilato: in un momento di sconforto simile, non sorretta neppure dalla fede cattolica, perchè protestante, prese un’arma e si suicidò, lasciando una bambina di tre anni!
7Per quanto riguarda la partecipazione della potenza straniera, di cui è cenno nei primi comunicati di S.E. Göring alla stampa, risulta che il Ministero degli Esteri fece con qualche diplomatico, apertamente, il nome della potenza già da me accennata, aggiungendo che però non voleva ammettere, prima che vedesse i documenti, che anche la Legazione in Berlino sia compromessa. Questo fu detto sabato 30 giugno, ma al martedì successivo il Ministro già aveva … dimenticato di averlo detto.9
Zu einer angeblichen Verschwörung Röhms und Schleichers mit dem französischen Botschafter vgl. Cifrato No. 144 vom 18.07.1934.
Mancano le prove? o manca il coraggio di affrontare le conseguenze magari immediate? Forse manca l’uno e l’altro.
8La sorte del Vicecancelliere è sempre sconosciuta; chi lo dice dimissionario, chi invece lo dice fortemente sostenuto dal Cancelliere del Reich.10
Vizekanzler von Papen wurde zunächst mit Hausarrest belegt, auf energischen Einspruch des Reichspräsidenten jedoch nach drei Tagen freigelassen. Nach dem österreichischen Juli-Putsch wurde er als Sondergesandter, später Botschafter, nach Wien abgeschoben. Über Papen, den ihn umgebenden Zirkel der „Jungkonservativen“ und die Vizekanzlei im Juni 1934, Postert, Das Ende der konservativen Ambitionen.
Pare certo, che egli abbia fortemente protestato per quanto era successo nel suo Ufficio di Vicecancelliere, ove un suo Segretario, il cattolico von Bose11
Herbert von Bose (1893-1934); Oberregierungsrat und politischer Referent Franz von Papens. Vgl. Postert, Das Ende der konservativen Ambitionen, S. 359.
, era stato ucciso con ripetuti colpi, si dice sette, da quattro S.S., perché si sarebbe opposto ad aprire un cassetto ...! Come se quattro uomini non avessero potuto renderlo impotente diversamente; un altro segretario pure ucciso12
O. meint wahrscheinlich Edgar Julius Jung (1894-1934), den Vordenker des Kreises der Jungkonservativen im Umkreis Papens. Jung, der seine konservative Gegnerschaft zum Nationalsozialismus besonders in dem 1933 erschienenen Buch „Sinndeutung der deutschen Revolution“ formuliert hatte, wirkte seit 1932 als Berater und Redenschreiber Papens. Auf ihn geht im wesentlichen die Marburger Rede des Vizekanzlers vom 17.06.1934 zurück (vgl. Bericht No. 10649 vom 22.06.1934). Nicht zuletzt aufgrund dieser Urheberschaft war Jung bereits am 23.06. verhaftet worden. Am 30.06.1934 wurde er in Oranienburg erschossen; NDB X (1974), S. 669-671; mit weiteren Lit.hinweisen Postert, Das Ende der konservativen Ambitionen.
, e due altri, Tschirschky13
Fritz-Günther von Tschirschky und Boegendorff (1900-1980), Adjutant und Kulturreferent Papens in der Vizekanzlei; Autobiographie: Erinnerungen eines Hochverräters, Stuttgart 1972; mit weiteren Lit.hinweisen Postert, Das Ende der konservativen Ambitionen.
e Savigny14
Friedrich Carl von Savigny (1903-1944); vgl. Art. „Edgar-Jung-Kreis“, in: Wolfgang Benz / Walter Pehle (Hg.): Lexikon des deutschen Widerstands, Frankfurt/M. 2001, S. 204-207.
, nonché una signorina di studio, certa Stotzinger, imprigionati per ben 5 giorni: ora liberati.
9Molto preoccupante è la situazione industriale. Il Ministro Schmitt, che era alquanto indisposto in questi ultimi giorni, tanto che aveva rinunciato all’ultima ora a tenere il discorso al solito banchetto annuale della Stampa estera, fissato per il giorno 2 luglio e poi precipitosamente sospeso dopo i fatti del 30 Giugno, ottenne dal Cancelliere Hitler ampi e pieni poteri per tutto quanto riguarda il suo dicastero; poteri veramente dittatoriali: ciò lascia prevedere un rimaneggiamento di mercedi, finora non mai tentato da nessun Governo dopo la guerra, e questo potrà salvare forse in parte le disastrose condizioni di un erario dissanguato in omaggio alla parità di armamenti! Questi poteri dittatoriali al Ministro Schmitt circoscrivono automaticamente la strapotenza del Dr. Ley, uno dei più ostinati oppositori della cosidetta “doppelte Mitgliedschaft”15
Vgl. Bericht No. 10304 vom 13.05.1934 sowie den Kommentar dort.
.
10Completando mio rispettoso Rapporto cifrato di ieri No. 10.824, a proposito del delitto di Gollmütz, ove un certo Meissner ha ucciso un nazionalsocialista,16
Vgl. Bericht No. 10680 vom 25.06.1934.
risulta da informazioni dirette avute dall’Ordinario, il Prelato Hartz, che l’assassino era realmente membro della Organizzazione cattolica di ginnastica (D.J.K.) e pagò regolarmente fino al 1934 le sue quote; purtroppo i suoi compagni, per negarlo, abbruciarono i registri, e già alcuni lo sanno. Parimenti le buone parole che il periodico Junge Front dice aver riportato da una lettera del Oberregierungspräsident Kube, non furono mai scritte né dette dal Signor Kube: qui vi fu un madornale equivoco.17
Vgl. den Kommentar zu Bericht No. 10824 vom 11.07.1934.
11È però vero che il Meissner era un soggetto pessimo, figlio di genitori dediti all’alcolismo e lui pure affetto dallo stesso male. Era pure membro della Associazione degli S.A.; aveva passato la notte gozzovigliando fino alle sei del mattino con due amici della S.A.; alle ore 8 del mattino compiva l’omicidio. Il processo purtroppo fu sfruttato in modo anticattolico, e più precisamente contro l’Associazione ginnastica cattolica di tutta la Germania, definita “associazione politica contro lo Stato”, e il delinquente fu condannato a morte per delitto “politico”.
12Questo mio rispettoso Rapporto vien portato a Roma da persona fidata. Accludo una copia del Bollettino diocesano, ove l’attività cattolica del compianto Klausener e i suffragi sono nobilmente notificati al pubblico.18
Am 15.07.1934 erschien No. 28 des Katholischen Kirchenblatts für das Bistum Berlin als Gedenkausgabe für Erich Klausener, mit dem Bildnis Klauseners auf der Titelseite (Abb. bei Adolph, Klausener, vor S. 129). Ein Drittel der Ausgabe war dem Gedächtnis Klauseners gewidmet; neben einem Rückblick auf den Diözesankatholikentag und Berichten über die Beisetzung der Urne fand sich hier ein Nachruf Bares’, der einer flammenden Anklage gegen das „Lebensende dieses treukatholischen und kerndeutschen Mannes“ gleichkam (zit. nach ebd., S. 128). Die seitens der Gestapo zunächst mit einem Erscheinungsverbot bedrohte, dann doch mit hoher Auflagenzahl vertriebene und schließlich als „staatsfeindlicher Akt“ untersagte Gedächtnisnummer des Kirchenblattes sollte nicht außer Acht gelassen werden, wenn von einem „Schweigen der Bischöfe“ zu den Übergriffen des NS-Staates gegen führende Repräsentanten des Vereinskatholizismus die Rede ist (so z.B. zeitgenössisch bei Pfarrer Albert Coppenrath, zit. in: Adolph, Geheime Aufzeichnungen, S. 235 – der deutsche Episkopat habe „die Stunde versäumt“ – oder in der neueren Forschung bei Besier, Die Kirchen und das Dritte Reich III, S. 122). Zweifellos waren auch unter den Bischöfen Entsetzen und Angst angesichts des offen zutage tretenden Terrors mitverantwortlich für eine insgesamt gedämpfte Reaktion auf die Ereignisse. Andererseits erscheinen aber gerade die Stellungnahmen Bischof Bares’ als engagiert und mutig. In seinem Brief an Hitler vom 12.07.1934 schrieb Bares in offenem Widerspruch zur Linie des Regimes: „Ich halte mich im Gewissen für verpflichtet, der festen Überzeugung aller, die Herrn Ministerialdirektor Dr. Klausener kennen, und darüber hinaus weitester Kreise des Volkes Ausdruck zu geben, daß der so jäh dahin Geraffte weder eines Selbstmordes noch einer hochverräterischen oder auch nur irgendwie illegitimen Handlung gegen die bestehende Staatsordnung fähig war.“ Stasiewski (Bearb.), Akten deutscher Bischöfe I, S. 754. – Zur Haltung des „Osservatore Romano“ vgl. Kommentar zu Cifrato No. 140 vom 04.07.1934.
Il Governo aveva prima proibito la diffusione del Bollettino, poi l’ha permessa; speriamo che nel discorso di domani non rovini questo benevole gesto. La curia di Berlino ha chiesto ieri per iscritto notizie a Hitler circa morte Klausener.19
Bares an Hitler, 12.07.1934, in: Stasiewski (Bearb.), Akten deutscher Bischöfe I, S. 753/754, sowie Kommentar zu Bericht No. 10868 vom 18.07.1934.
Anhang

1 In seiner Rede im Reichstag am 13.07.1934 stilisierte sich Hitler als „des deutschen Volkes oberster Gerichtsherr“, der aus „Staatsnotwehr“ zu den Morden des 30. Juni verpflichtet gewesen sei. Seine nebulöse Propaganda verband er mit massiven Drohungen gegen Kritiker des Regimes: der Tod sei das „sichere Los“ aller, die ihre „Hand zum Schlag gegen den Staat“ erhöben. Über den Mord an Klausener verlor er – anders als von katholischer Seite erwartet – kein Wort, ganz zu schweigen von präzisen Erklärungen über die vermeintliche „Schuld“ Klauseners; Domarus I, 1, S. 407-425. Vgl. (mit Auszügen) auch Adolph, Klausener, S. 133, sowie den Kommentar zu Cifrato No. 140 vom 04.07.1934.
2 Die nachfolgenden Ausführungen O.s zum Tathergang entsprechen in den wesentlichen Zügen den Schilderungen Albert Coppenraths und Walter Adolphs, die aufgrund ihrer persönlichen wie dienstlichen Verbindung zu Klausener (Adolph war geistlicher Sekretär der Katholischen Aktion im Bistum) und ihres engen Kontakts zur Familie über unmittelbare Informationen zu den Ereignissen verfügten. Adolph verarbeitete für sein 1955 erschienenes Klausener-Buch darüber hinaus Aussagen aus den Prozessen der Nachkriegszeit gegen NS-Verbrecher, insbesondere des Verfahrens am Berliner Landgericht gegen SS-Hauptsturmführer Kurt Gildisch, den Mörder Klauseners (1951-1953). Dazu auch ausführlich der 1971 veröffentlichte Bericht des Rechtsanwalts der Familie Klausener, Werner Pünder: [Lothar Gruchmann]: Erlebnisbericht Werner Pünders über die Ermordung Klauseners am 30. Juni 1934 und ihre Folgen, in: Vierteljahrshefte für Zeitgeschichte 19 (1971), S. 404-431, hier bes. S. 404/405 und 414-416; Coppenrath, Meine Kanzelvermeldungen, S. 23-25; Adolph, Klausener, S. 106-109. – Hingegen berichtet O. nichts über die spätabendliche Versammlung am 30.06. im Berliner Ordinariat, während der der Nuntius, die Bischöfe Gröber, Berning, Bares und Generalvikar Steinmann den aktuellen Bericht Adolphs über den Verlauf der Ereignisse anhörten. O. habe den Bericht mit der Bemerkung kommentiert: „C’est soviétique“, Berning mit „Bolschewismus“ und Bares mit dem Wort: „Der Schuß auf Klausener war der Schlußpunkt unserer Konkordatsverhandlungen.“ (Adolph, Klausener, S. 116/117; vgl. auch Recker, Berning, S. 108). – O. dürfte wichtige Teile seines Berichts aus dieser Zusammenkunft sowie durch weitere Mitteilungen Coppenraths und der Familie Klausener bezogen haben. – Insgesamt zum Klausener-Mord auch Scholder, Die Kirchen und das Dritte Reich II, S. 250-254; Große Kracht, Die Stunde der Laien.
3 Vgl. Bericht No. 10772 vom 06.07.1934.
4 In einigen Zeitungen erschien die Todesanzeige der Familie für Klausener auf Geheiß der Gestapo mit einem verkürzten Text: „Er wurde uns nach einem Leben der Liebe und des Opfers am 30. Juni 1934 plötzlich entrissen.“ Der Wunsch der Familie war ursprünglich gewesen: „… nach einem Leben der Liebe und des Opfers für Familie, Kirche und Vaterland …“. In dieser Form erschien die Anzeige lediglich in „Germania“ und „Kölnischer Volkszeitung“; vgl. Adolph, Klausener, S. 115 sowie die Abb. auf S. 116/117.
5 Vgl. Cifrato No. 139, 03.07.1934. Über die hier von O. genannte Unterredung mit dem Außenminister liegt keine korrespondierende Aufzeichnung des Auswärtigen Amts in Albrecht (Bearb.), Notenwechsel III, vor.
6 Vgl. Adolph, Klausener, S. 78: „Nach dem Tod Klauseners feierte er [Orsenigo] ein Requiem in der Nuntiatur und lud dazu die Familienangehörigen ein. Danach sagte er zu Frau Klausener: ,Er war mein Freund’.“ – Die doppelte Infamität des Vorwurfs des Hochverrates und des Selbstmordes einem staatsloyalen Beamten und praktizierenden Katholiken wie Klausener gegenüber hebt Scholder, Die Kirchen und das Dritte Reich III, S. 254, hervor.
7 Der Münchener Musikkritiker Wilhelm (Willi) Eduard Schmid (1893-1934) fiel den Mordaktionen des sog. „Röhm-Putsches“ aufgrund einer Verwechslung mit dem Arzt und Freund Otto Strassers, Johannes Ludwig Schmitt (1896-1963), zum Opfer. O. berichtet hier hingegen von einer Verwechslung mit dem SA-Führer Wilhelm Schmid (1889-1934); diese Variante wurde auch von der älteren Forschungsliteratur hin und wieder vertreten, scheint jedoch neuerdings widerlegt zu sein; vgl., mit detaillierten Literaturhinweisen, Art. Wilhelm Eduard Schmid, in: de.wikipedia.org/wiki/Wilhelm_Eduard_Schmid (Stand: 15.03.2015).
8 Karl Gustav Ernst (1904-1934); Führer der SA-Gruppe Berlin-Brandenburg, Reichstags-Abgeordneter seit 1932; Mitglied des Preußischen Staatsrats seit 1933. Enger Vertrauter von Ernst Röhm seit den Anfängen der S.A. Vgl. Weiß, Biographisches Lexikon zum Dritten Reich, S. 113.
9 Zu einer angeblichen Verschwörung Röhms und Schleichers mit dem französischen Botschafter vgl. Cifrato No. 144 vom 18.07.1934.
10 Vizekanzler von Papen wurde zunächst mit Hausarrest belegt, auf energischen Einspruch des Reichspräsidenten jedoch nach drei Tagen freigelassen. Nach dem österreichischen Juli-Putsch wurde er als Sondergesandter, später Botschafter, nach Wien abgeschoben. Über Papen, den ihn umgebenden Zirkel der „Jungkonservativen“ und die Vizekanzlei im Juni 1934, Postert, Das Ende der konservativen Ambitionen.
11 Herbert von Bose (1893-1934); Oberregierungsrat und politischer Referent Franz von Papens. Vgl. Postert, Das Ende der konservativen Ambitionen, S. 359.
12 O. meint wahrscheinlich Edgar Julius Jung (1894-1934), den Vordenker des Kreises der Jungkonservativen im Umkreis Papens. Jung, der seine konservative Gegnerschaft zum Nationalsozialismus besonders in dem 1933 erschienenen Buch „Sinndeutung der deutschen Revolution“ formuliert hatte, wirkte seit 1932 als Berater und Redenschreiber Papens. Auf ihn geht im wesentlichen die Marburger Rede des Vizekanzlers vom 17.06.1934 zurück (vgl. Bericht No. 10649 vom 22.06.1934). Nicht zuletzt aufgrund dieser Urheberschaft war Jung bereits am 23.06. verhaftet worden. Am 30.06.1934 wurde er in Oranienburg erschossen; NDB X (1974), S. 669-671; mit weiteren Lit.hinweisen Postert, Das Ende der konservativen Ambitionen.
13 Fritz-Günther von Tschirschky und Boegendorff (1900-1980), Adjutant und Kulturreferent Papens in der Vizekanzlei; Autobiographie: Erinnerungen eines Hochverräters, Stuttgart 1972; mit weiteren Lit.hinweisen Postert, Das Ende der konservativen Ambitionen.
14 Friedrich Carl von Savigny (1903-1944); vgl. Art. „Edgar-Jung-Kreis“, in: Wolfgang Benz / Walter Pehle (Hg.): Lexikon des deutschen Widerstands, Frankfurt/M. 2001, S. 204-207.
15 Vgl. Bericht No. 10304 vom 13.05.1934 sowie den Kommentar dort.
16 Vgl. Bericht No. 10680 vom 25.06.1934.
17 Vgl. den Kommentar zu Bericht No. 10824 vom 11.07.1934.
18 Am 15.07.1934 erschien No. 28 des Katholischen Kirchenblatts für das Bistum Berlin als Gedenkausgabe für Erich Klausener, mit dem Bildnis Klauseners auf der Titelseite (Abb. bei Adolph, Klausener, vor S. 129). Ein Drittel der Ausgabe war dem Gedächtnis Klauseners gewidmet; neben einem Rückblick auf den Diözesankatholikentag und Berichten über die Beisetzung der Urne fand sich hier ein Nachruf Bares’, der einer flammenden Anklage gegen das „Lebensende dieses treukatholischen und kerndeutschen Mannes“ gleichkam (zit. nach ebd., S. 128). Die seitens der Gestapo zunächst mit einem Erscheinungsverbot bedrohte, dann doch mit hoher Auflagenzahl vertriebene und schließlich als „staatsfeindlicher Akt“ untersagte Gedächtnisnummer des Kirchenblattes sollte nicht außer Acht gelassen werden, wenn von einem „Schweigen der Bischöfe“ zu den Übergriffen des NS-Staates gegen führende Repräsentanten des Vereinskatholizismus die Rede ist (so z.B. zeitgenössisch bei Pfarrer Albert Coppenrath, zit. in: Adolph, Geheime Aufzeichnungen, S. 235 – der deutsche Episkopat habe „die Stunde versäumt“ – oder in der neueren Forschung bei Besier, Die Kirchen und das Dritte Reich III, S. 122). Zweifellos waren auch unter den Bischöfen Entsetzen und Angst angesichts des offen zutage tretenden Terrors mitverantwortlich für eine insgesamt gedämpfte Reaktion auf die Ereignisse. Andererseits erscheinen aber gerade die Stellungnahmen Bischof Bares’ als engagiert und mutig. In seinem Brief an Hitler vom 12.07.1934 schrieb Bares in offenem Widerspruch zur Linie des Regimes: „Ich halte mich im Gewissen für verpflichtet, der festen Überzeugung aller, die Herrn Ministerialdirektor Dr. Klausener kennen, und darüber hinaus weitester Kreise des Volkes Ausdruck zu geben, daß der so jäh dahin Geraffte weder eines Selbstmordes noch einer hochverräterischen oder auch nur irgendwie illegitimen Handlung gegen die bestehende Staatsordnung fähig war.“ Stasiewski (Bearb.), Akten deutscher Bischöfe I, S. 754. – Zur Haltung des „Osservatore Romano“ vgl. Kommentar zu Cifrato No. 140 vom 04.07.1934.
19 Bares an Hitler, 12.07.1934, in: Stasiewski (Bearb.), Akten deutscher Bischöfe I, S. 753/754, sowie Kommentar zu Bericht No. 10868 vom 18.07.1934.
Biographien (19):Sachdatensätze (3):

Berichte des Apostolischen Nuntius Cesare Orsenigo
aus Deutschland 1930 bis 1939
Im Auftrag des Deutschen Historischen Instituts in Rom und in Kooperation mit der Kommission für
Zeitgeschichte Bonn und dem Archivio Segreto Vaticano herausgegeben von Thomas Brechenmacher
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